Osservazioni di COINLEX alla consultazione Pubblica sullo Schema di Decreto (V AML)

Stefano Capaccioli

Di seguito le Osservazioni svolte allo Schema di decreto per l’introduzione della V direttiva antiriciclaggio (V AMLD) da parte di Coinlex.

I sottoscritti

  1. Stefano Capaccioli, Dottore Commercialista e Revisore Legale in Arezzo;
  2. Paolo Luigi Burlone, Dottore Commercialista e Revisore Legale in Novara;
  3. Giorgio Maria Mazzoli, Avvocato in Roma.
  4. Niccolò Travia, Avvocato in Roma.

intendono apportare il proprio contributo alla Consultazione pubblica per l’attuazione della direttiva (UE) 2018/843 che il Dipartimento del tesoro ha inteso sottoporre a consultazione pubblica, attraverso la pubblicazione dello schema di decreto legislativo predisposto nel rispetto dei criteri di delega per il recepimento della V Direttiva AMLD.

La legge delega è costituita dalla Legge 12/08/2016 n. 170 (Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2015) al cui art. 15 si rimanda.

Occorre da subito richiamare l’attenzione del Lettore sul fatto che, con tale legge delega, il Governo Italiano era stato a suo tempo incaricato solo di dar corso all’attuazione della IV Direttiva antiriciclaggio (Direttiva 2015/849) e non di altre eventuali successive direttive che potessero intervenire in materia.

L’esercizio della citata delega al fine di dar corso al recepimento delle nuove disposizioni della Direttiva (UE) 2018/843 del Parlamento europeo e del Consiglio presenta, dunque, chiari profili di incostituzionalità.

Venendo, invece, al merito delle previsioni dello schema di decreto in esame vale anzitutto rilevare che in tale provvedimento:

  1. per “IV Direttiva” si intende la direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento Europeo e del Consiglio, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo e recante modifica delle direttive 2005/60/CE e 2006/70/CE);
  2. per “V Direttiva” si intende la direttiva (UE) 2018/843 del Parlamento Europeo e del Consiglio , che modifica la direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo;
  3. per “Regolamento” si intende il Regolamento (UE) 2015/847 del Parlamento Europeo e del Consiglio riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE) 1781/2006;
  4. per “Schema” si intende lo schema di decreto legislativo predisposto nel rispetto dei criteri di delega per il recepimento della V Direttiva AMLD e rinvenibile all’indirizzo http://www.dt.tesoro.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/regolamentazione_bancaria_finanziaria/consultazioni_pubbliche/Bozza_recepimento_VAMLD_tavolo_tecnico_testo_per_consultazione_x3x.pdf;
  5. per “Decreto Legislativo” si intende il decreto legislativo n. 90 del 25 maggio 2017 recante attuazione della direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo e recante modifica delle direttive 2005/60/CE e 2006/70/CE e l’attuazione del regolamento (UE) n. 2015/847 del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE) n. 1781/2006;
  6. per “Legge Delega” si intende, appunto, la legge 12 agosto 2016, n. 170, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2015 – e in particolare, l’articolo 15, recante principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2015/849.

 

  1. PREMESSA.

L’esame dello Schema non può che muovere da un preliminare richiamo dei principi che ispirano la V Direttiva e che, come è ben noto, trovano chiara ed inequivoca espressione nei considerando del medesimo provvedimento in cui in particolare si legge quanto segue (grassetto degli scriventi):

(5) Pur salvaguardando gli obiettivi della direttiva (UE) 2015/849, qualsiasi modifica apportata a quest’ultima dovrebbe essere coerente con l’azione dell’Unione attualmente in corso nel settore della lotta contro il terrorismo e il finanziamento dei terroristi, nel rispetto del diritto fondamentale alla protezione dei dati di carattere personale così come nel rispetto e in applicazione del principio di proporzionalità. La comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni dal titolo «Agenda europea sulla sicurezza» ha indicato la necessità di misure che consentano di affrontare il finanziamento del terrorismo in maniera più efficace e globale, sottolineando che l’infiltrazione dei mercati finanziari permette il finanziamento del terrorismo. Anche nelle conclusioni del Consiglio europeo del 17-18 dicembre 2015 si è sottolineata la necessità di adottare rapidamente ulteriori iniziative contro il finanziamento del terrorismo in tutti i settori.

(8) I prestatori di servizi la cui attività consiste nella fornitura di servizi di cambio tra valute virtuali e valute aventi corso legale (vale a dire le monete e le banconote considerate a corso legale e la moneta elettronica di un paese, accettate quale mezzo di scambio nel paese emittente) e i prestatori di servizi di portafoglio digitale non sono soggetti all’obbligo dell’Unione di individuare le attività sospette. Pertanto, i gruppi terroristici possono essere in grado di trasferire denaro verso il sistema finanziario dell’Unione o all’interno delle reti delle valute virtuali dissimulando i trasferimenti o beneficiando di un certo livello di anonimato su queste piattaforme. È pertanto di fondamentale importanza ampliare l’ambito di applicazione della direttiva (UE) 2015/849 in modo da includere i prestatori di servizi la cui attività consiste nella fornitura di servizi di cambio tra valute virtuali e valute legali e i prestatori di servizi di portafoglio digitale. Ai fini dell’antiriciclaggio e del contrasto del finanziamento del terrorismo (AML/CFT), le autorità competenti dovrebbero essere in grado di monitorare, attraverso i soggetti obbligati, l’uso delle valute virtuali. Tale monitoraggio consentirebbe un approccio equilibrato e proporzionale, salvaguardando i progressi tecnici e l’elevato livello di trasparenza raggiunto in materia di finanziamenti alternativi e imprenditorialità sociale.

(51) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea («la Carta»), in particolare il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare (articolo 7 della Carta), il diritto alla protezione dei dati di carattere personale (articolo 8 della Carta) e la libertà d’impresa (articolo 16 della Carta).

Tali principi devono informare qualunque provvedimento normativo teso a recepire le disposizioni della V Direttiva: i considerando servono infatti a chiarire la ratio stessa della normativa.

In proposito si ricorda quanto affermato dalla Corte di Giustizia nella sentenza C-24/62 ove testualmente si legge:

L’ obbligo di motivare le sue decisioni imposto alla commissione dall’ articolo 190 non trae origine da considerazioni di pura forma, bensì ha lo scopo di dare la possibilità alle parti di tutelare i loro diritti, alla Corte di esercitare il controllo giurisdizionale, ed agli Stati Membri, come a qualsiasi altro interessato, di sapere come la Commissione abbia applicato il trattato.

Per raggiungere questi scopi è sufficiente che la decisione enunci, in modo sia pure sommario, purché chiaro e pertinente, i principali punti di diritto e di fatto sui quali e basata e che sono necessari per rendere comprensibile l’iter logico seguito dalla commissione.

Occorre quindi tenere ben fermi i concetti espressi nei passaggi sopra richiamati che devono costituire principio guida del legislatore in sede di recepimento della V Direttiva.

É inoltre opportuno evidenziare che la Legge di delegazione europea 2015 (L. n. 160/2016) nulla prevedeva in merito alla disciplina delle valute virtuali o dei prestatori di servizi ad esse relativi. Pertanto anche la scelta del Governo di modificare la definizione contenuta nel D. Lgs. n. 90/2017 in forza dell’esercizio della facoltà di cui all’articolo 31, comma 5, della legge 24 dicembre 2012 n. 234, ampliando inopinatamente l’ambito di applicazione della V Direttiva, non appare scevra di dubbi di legittimità costituzionale.

 

  1. DEFINIZIONE DI VALUTA VIRTUALE

La V Direttiva introduce la seguente definizione di “valute virtuali”: una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente.

Le definizione nelle altre principali lingue degli Stati Membri sono le seguenti:

Inglese: (18) “virtual currencies” means a digital representation of value that is not issued or guaranteed by a central bank or a public authority, is not necessarily attached to a legally established currency and does not possess a legal status of currency or money, but is accepted by natural or legal persons as a means of exchange and which can be transferred, stored and traded electronically;

Francese – 18. «monnaies virtuelles», représentations numériques d’une valeur qui ne sont émises ou garanties ni par une banque centrale ni par une autorité publique, qui ne sont pas nécessairement liées non plus à une monnaie établie légalement et qui ne possèdent pas le statut juridique de monnaie ou d’argent, mais qui sont acceptées comme moyen d’échange par des personnes physiques ou morales et qui peuvent être transférées, stockées et échangées par voie électronique;

Spagnolo – «18)   “monedas virtuales”: representación digital de valor no emitida ni garantizada por un banco central ni por una autoridad pública, no necesariamente asociada a una moneda establecida legalmente, que no posee el estatuto jurídico de moneda o dinero, pero aceptada por personas físicas o jurídicas como medio de cambio y que puede transferirse, almacenarse y negociarse por medios electrónicos;

Tedesco – „18.„virtuelle Währungen“ eine digitale Darstellung eines Werts, die von keiner Zentralbank oder öffentlichen Stelle emittiert wurde oder garantiert wird und nicht zwangsläufig an eine gesetzlich festgelegte Währung angebunden ist und die nicht den gesetzlichen Status einer Währung oder von Geld besitzt, aber von natürlichen oder juristischen Personen als Tauschmittel akzeptiert wird und die auf elektronischem Wege übertragen, gespeichert und gehandelt werden kann;

Emerge quindi una sostanziale omogeneità delle definizioni che infatti reggono tutte sui seguenti pilastri:

  1. una rappresentazione di valore digitale;
  2. non emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico;
  3. non necessariamente legata a una valuta legalmente istituita;
  4. che non possiede lo status giuridico di valuta o moneta;
  5. accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio;
  6. e che può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente.

La nozione introdotta nell’ordinamento interno con il D,lgs 90/2017 è invece la seguente (cfr. art. 1 comma 2, lett. qq)): la rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.

La Schema propone la seguente modifica (cfr. art. 1, lettera i)): all’articolo 1, comma 2, lettera qq), dopo le parole “non emessa” sono aggiunte le seguenti “né garantita” e dopo le parole “di beni e servizi” sono aggiunte le seguenti “o per finalità di investimento”, con il seguente risultato: “valuta virtuale: la rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente

La definizione che ne risulterebbe è evidentemente differente rispetto a quella prevista dalla V Direttiva, in cui infatti si rinviene anche la fondamentale precisazione per cui la valuta virtuale “non possiede lo status giuridico di valuta o moneta”.

Il testo dello Schema, per tale profilo, dovrebbe quindi essere opportunamente integrato inserendo il medesimo passaggio anche nella definizione interna.

Parimenti, si ritiene che la precisazione introdotta nella definizione interna oggetto di analisi “come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento”, venga meglio ricompresa nella definizione propria della V Direttiva “ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio” che, non indagando le finalità soggettive, impone l’osservazione al dato oggettivo e fattuale del trasferimento.

 

  1. DEFINIZIONE DI EXCHANGER.

La V Direttiva introduce la seguente definizione: “prestatori di servizi la cui attività consiste nella fornitura di servizi di cambio tra valute virtuali e valute aventi corso forzoso;.

Le definizioni, nelle altre principali lingue degli Stati Membri, sono del tutto equivalenti:

Inglese: “providers engaged in exchange services between virtual currencies and fiat currencies;

Francese: “les prestataires de services d’échange entre monnaies virtuelles et monnaies légales;

Tedesco: “Dienstleister, die virtuelle Währungen in Fiatgeld und umgekehrt tauschen;

Spagnolo: “los proveedores de servicios de cambio de monedas virtuales por monedas fiduciarias;”.

La nozione introdotta con il D,Lgs. 90/2017 risulta invece ben diversa ed ingiustificatamente più ampia.

Il testo fa infatti un generale riferimento ai c.d. “prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale”; nozione in cui, in base all’art. 1, comma 2, lett. ff), ricadrebbe testualmente addirittura “ogni persona fisica o giuridica che fornisce a terzi, a titolo professionale, servizi funzionali all’utilizzo, allo scambio, alla conservazione di valuta virtuale e alla loro conversione da ovvero in valute aventi corso legale”.

È proprio il riferimento ai soggetti che svolgano servizi funzionali anche al solo “utilizzo” o alla mera “conservazione” di valute virtuali a realizzare il denunciato ampliamento dell’ambito di applicazione delle norme di matrice europea.

V’è da osservare che tale ampliamento non trova comunque fondamento né nella legge delega né tantomeno nella IV Direttiva o nella V Direttiva.

Esso risulta per di più in palese contrasto con i principi espressi nei sopra richiamati considerando della V Direttiva che, difatti, chiariscono:

  1. come qualunque modifica apportata alla normativa della IV Direttiva (e, quindi, anche alle relative disposizioni di recepimento negli Stati Membri) dovrebbe muoversi “nel rispetto del diritto fondamentale alla protezione dei dati di carattere personale così come nel rispetto e in applicazione del principio di proporzionalità”;
  2. che l’esigenza di “ampliare l’ambito di applicazione della direttiva (UE) 2015/849” è stata avvertita dal legislatore, e ritenuta conforme ai menzionati principi, solo in relazione a “i prestatori di servizi la cui attività consiste nella fornitura di servizi di cambio tra valute virtuali e valute legali e i prestatori di servizi di portafoglio digitale;
  3. come il “monitoraggiodei menzionati soggetti consentirebbe un approccio equilibrato e proporzionale, salvaguardando i progressi tecnici e l’elevato livello di trasparenza raggiunto in materia di finanziamenti alternativi e imprenditorialità sociale”, con la conseguenza per cui non solo non può affatto ritenersi scontato che a medesime conclusioni possa addivenirsi anche in relazione ad altre categorie di soggetti nei cui confronti fosse estesa siffatta attività di monitoraggio, ma, per la rilevanza fondamentale dei principi relativi alla protezione dei dati personali, è invece da ritenere che una tale estensione dell’ambito di applicazione della normativa in esame sarebbe insanabilmente illegittima.

L’estensione dell’ambito di applicazione delle norme in esame a categorie di soggetti non espressamente menzionate dalla V Direttiva dovrebbe quindi essere opportunamente eliminata.

Per altro verso si rammenta che i soggetti destinatari degli obblighi antiriciclaggio sono costituiti, a norma dell’art. 3, comma 5, lettera i), del D.Lgs. 90/2017, da “i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale, limitatamente allo svolgimento dell’attività di conversione di valute virtuali da ovvero in valute aventi corso forzoso.

Lo Schema prevede le seguenti modifiche (cfr. art. 1, comma 1):

  1. g) all’articolo 1, comma 2, lettera ff), dopo le parole “a titolo professionale,” sono aggiunte le seguenti “anche online,” e dopo le parole “aventi corso legale” sono aggiunte le seguenti “o in rappresentazioni digitali di valore, ivi comprese quelle convertibili in altre valute virtuali nonché i servizi di emissione, collocamento, trasferimento e compensazione e ogni altro servizio funzionale all’acquisizione, alla negoziazione o all’intermediazione delle valute medesime”;

  1. t) all’articolo 3, comma 5, lettera i), le parole “limitatamente allo svolgimento dell’attività di conversione di valute virtuali da ovvero in valute aventi corso forzoso” sono soppresse;

con il seguente risultato:

“prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale: ogni persona fisica o giuridica che fornisce a terzi, a titolo professionale anche online, servizi funzionali all’utilizzo, allo scambio, alla conservazione di valuta virtuale e alla loro conversione da ovvero in valute aventi corso legale o in rappresentazioni digitali di valore, ivi comprese quelle convertibili in altre valute virtuali nonché i servizi di emissione, collocamento, trasferimento e compensazione e ogni altro servizio funzionale all’acquisizione, alla negoziazione o all’intermediazione delle valute medesime” (cfr. art. 1, comma 2, lett. ff));

– “i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale, limitatamente allo svolgimento dell’attività di conversione di valute virtuali da ovvero in valute aventi corso forzoso.” (cfr. art. 3, comma 5, lettera i)).

Il risultato è evidentemente contrario allo spirito della V Direttiva e comporta numerose complicazioni e difficoltà di interpretazione, rendendo l’ambiente italiano assolutamente ostile allo sviluppo di qualsivoglia attività imprenditoriale nel settore.

Lo Schema imporrebbe difatti obblighi particolarmente onerosi (quali quelli derivanti dall’inclusione nel novero dei c.d. “soggetti obbligati”) a carico di soggetti che svolgono attività che nulla hanno a che vedere con quelle di conversione di criptovaluta in moneta a corso legale (cui è invece espressamente destinata la normativa europea).

Tutti coloro che offrono servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale verrebbero infatti attratti dalla normativa antiriciclaggio, sebbene sia palese che tali attività – per loro natura e per le stesse caratteristiche tecniche della tecnologia che consente la creazione e la circolazione di valute virtuali – non potrebbero essere utilmente esercitate laddove fosse imposto un contatto diretto preventivo tra chi le svolga e gli utenti per consentirne la relativa identificazione.

L’ampliamento della normativa ai soggetti che svolgano servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale determinerebbe in tal senso l’inevitabile allontanamento della stessa utenza che d’altra parte già oggi può facilmente accedere ai servizi offerti a distanza e tramite la rete Internet da operatori concorrenti radicati in altri ordinamenti che non richiedano la preventiva identificazione dell’utente finale, né impongano la raccolta ed il trattamento di dati particolarmente “sensibili” in quanto attinenti alla vita finanziaria degli utenti stessi, né li espongano a possibili usi illeciti dei medesimi dati.

In base allo Schema, invece, i “prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale”, che rientrerebbero nel novero dei soggetti obbligati, in quanto ricompresi nella categoria degli “altri intermediari non finanziari” ai sensi dell’art. 3, comma 5, lettera i), D.L.gs. n. 90/2017 sarebbero coloro che offrono servizi funzionali a:

  • Utilizzo
  • Scambio
  • Conservazione
  • Conversione
  • Emissione
  • Collocamento
  • Compensazione
  • Acquisizione
  • Negoziazione
  • Intermediazione

Una estensione così ampia dell’ambito di applicazione della normativa in esame deve quindi ritenersi del tutto illegittima, oltre che fondamentalmente inutile al fine di realizzare gli obiettivi del legislatore (il prevedibile esodo degli operatori italiani operanti del settore in altre giurisdizioni avrebbe il paradossale effetto di limitare fortemente la possibilità per le competenti autorità italiane di salvaguardare in modo efficace le esigenze sottese alle norme antiriciclaggio).

  

  1. SERVIZI DI PORTAFOGLIO DIGITALE.

La V Direttiva introduce la seguente definizione di «prestatore di servizi di portafoglio digitale»: “un soggetto che fornisce servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtuali”.

Le definizioni nelle altre principali lingue sono le seguenti:

Inglese – “«custodian wallet provider» means an entity that provides services to safeguard private cryptographic keys on behalf of its customers, to hold, store and transfer virtual currencies”;

Francese – «prestataire de services de portefeuille de conservation» entité fournissant des services de conservation de clés cryptographiques privées pour le compte de ses clients à des fins de détention, de stockage et de transfert de monnaies virtuelles”;

Tedesco – «Anbieter von elektronischen Geldbörsen» einen Anbieter, der Dienste zur Sicherung privater kryptografischer Schlüssel im Namen seiner Kunden anbietet, um virtuelle Währungen zu halten, zu speichern und zu übertragen”;

Spagnolo – “«proveedor de servicios de custodia de monederos electrónicos»: una entidad que presta servicios de salvaguardia de claves criptográficas privadas en nombre de sus clientes, para la tenencia, el almacenamiento y la transferencia de monedas virtuales”.

Da tali definizioni si trae che il discrimine tra attività soggetta agli obblighi antiriciclaggio ed attività escluse dovrebbe propriamente essere costituito dall’esistenza di un rapporto in virtù del quale il prestatore di servizi possa disporre anche autonomamente (e quindi senza l’intervento dell’utente) della valuta virtuale detenuta “per conto” dello stesso utente.

L’attività di “salvaguardia di chiavi crittografiche private”, in tal senso, dovrebbe rilevare ai fini dell’applicazione della normativa in esame se e nei limiti in cui essa sia appunto svolta “per conto dei propri clienti”, il che dovrebbe escludere i seguenti casi:

  1. a) quello in cui il prestatore di servizi si limiti a predisporre il software per la “salvaguardia di chiavi crittografiche private” senza però avere accesso diretto alle medesime chiavi (si tratta dei casi in cui l’impiego di tali chiavi è esclusivamente rimesso all’azione degli utenti);
  2. b) quello in cui il prestatore di servizi che abbia elaborato il software per la “salvaguardia di chiavi crittografiche private” pur mantenendo un accesso diretto (e, quindi, la possibilità di impiego) di una o più chiavi non possa però effettuare in autonomia alcun tipo di transazione senza l’intervento degli utenti (per assicurare maggiore protezione all’utente alcuni portafogli digitali subordinano l’esecuzione di una transazione all’impiego contestuale di due o più chiavi crittografiche su un totale di almeno tre chiavi; si tratta dei c.d. sistemi multifirma in cui una delle chiavi resta nella esclusiva disponibilità dell’utente, una in quella del prestatore di servizi e la terza in quella dell’utente, seppur dipendente dall’impiego di una OTP – one time password – o altro codice dedicato che l’utente possa generare in piena autonomia utilizzando dispositivi separati; in questi sistemi l’utente è protetto per il fatto di poter recuperare le proprie valute virtuali grazie all’intervento del prestatore di servizi anche laddove il medesimo non fosse in grado di recuperare una delle chiavi nella sua disponibilità per aver ad esempio perduto un dispositivo).

Sotto questo profilo lo Schema si discosta dalla V Direttiva per il fatto di non fare alcun cenno al concetto di “custodia” che invece si rinviene nella definizione europea e che è evidentemente volto proprio a distinguere i prestatori di servizi di portafoglio digitale che, disponendo delle chiavi crittografiche occorrenti per l’esecuzione di una transazione, vanno in sostanza a detenere valuta virtuale “per conto dei clienti”, da quelli che, invece, o non dispongano di alcuna chiave crittografica o, comunque, dispongano di una o più chiavi senza poter però compiere transazioni in autonomia.

La distinzione appare ancor più chiara se si fa peraltro riferimento alla definizione in lingua spagnola in cui, non a caso, si parla di “servicios de custodia de monederos electrónicos” (cioè di custodia, appunto, non tanto delle chiavi crittografiche, quanto proprio dei portafogli delle valute virtuali, ovviamente per conto del cliente).

Si ritiene, pertanto, che la normativa interna debba recepire questa fondamentale distinzione.

 

  1. CONCLUSIONE.

Si auspica che Codesta Amministrazione voglia debitamente tener conto dei rilievi che precedono anche al fine di offrire maggiori certezze agli operatori del settore e di evitare possibili incertezze interpretative ed eventuali contestazioni ad opera dei medesimi delle norme di recepimento della V Direttiva.

Roma, 20 Aprile 2019

 

Stefano Capaccioli

Paolo Luigi Burlone

Giorgio Maria Mazzoli

Niccolò Travia

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