Proposta di regolamentare i bitcoin: cosa rispondono i soliti noti

Stefano Capaccioli

Proposta di regolamentare i bitcoin: cosa rispondono i soliti noti
Da: http://criptovalute.blogspot.it/
Di Mauro Pili @mauropili
 
Il Dipartimento dei Servizi Finanziari dello Stato di New York, guidato da Ben Lawsky, ha predisposto a luglio 2014 una bozza di regolamentazione chiamata “Bitlicense”, e ieri ha pubblicato i 3746 commenti che sono arrivati durante il comment period. A leggere alcuni commenti, probabilmente qualcuno non si aspettava che sarebbero stati resi pubblici; questa posizione di trasparenza depone a favore di Lawsky, chapeau. Tra questi, ci sono anche dei nomi importanti, non solo del settore mondo bitcoin. Vediamone qualcuno:

  • Amazon, il gigante dell’e-commerce, parla di un circuito chiuso (“closed loop”) dei sistemi di pagamento digitali e di accessi prepagati, o carte punti o carte fedelta’ che dovrebbero essere escluse dalla definizione di “valuta digitale”. A me suona come: “noi vogliamo farci la nostra moneta digitale, pero’ per favore lasciateci in pace e prendetevela solo con i bitcoin”
  • Western Union, recentemente soggetto di un confronto satirico con i bitcoin che ha fatto un certo rumore, ha dato una risposta che meriterebbe un approfondimento a se. Sembrerebbe quasi che vuogli assicurarsi di non aver bisogno di ottenere la BitLicense, anche nel caso in cui operi con le valute virtuali, o con società che operano nel settore delle valute virtuali, ma contemporaneamente sembra suggerire che ogni distributore di bitcoin debba richiedere la licenza … tranne i suoi?
  • Anche Walmart, la multinazionale statunitense, proprietaria dell’omonima catena di negozi al dettaglio e prima multinazionale al mondo nel 2010 per fatturato e numero di dipendenti, sembrerebbe essere preoccupata che questo regolamento possa avere un impatto sulle carte punti
  • L’EFF (Electronic Frontier Foundation) che difende i diritti digitali sin dagli esordi del web, non ha solo mandato i propri commenti insieme a The Internet Archive e Reddit, ma ha lanciato l’iniziativa “Stop the BitLicense” invitando gli utenti a mandare una mail proponendo un testo. L’iniziativa ha avuto successo, ed e’ probabilmente grazie a questa che si e’ arrivati alla cifra di oltre 3mila commenti, anche se molti di questi sono delle pedisseque copie del testo proposto da EFF.
  • I 3 colossi cinesi, BTC China+Huobi+OKCoin, rispondono insieme con una nota di 7 pagine. E giustamente chiedono di avere voce in capitolo, anche se sono società cinesi e superficialmente si potrebbe pensare che non dovrebbero essere assoggettate ad un regolamento dello Stato di New York. Secondo i dati pubblicati su bitcoinchart, l’83% degli scambi bitcoin con valuta legale sono fatti in Yen, contro appena il 16% in dollari e ancora meno in euro, e che OkCoin e BTC China insieme muovono attualmente l’84% del mercato.
  • Sono ovviamente molte le societa’, piu’ o meno grandi, operanti nel settore dei bitcoin che hanno mandato i loro commenti: Bitpay, Coinbase, Ripple, Dogecoin Foundation, Paybits, Bitnet, Bitgo
  • E non poteva mancare naturalmente Bitcoin Foundation, il cui commento e’ stato pero’ criticato dalla comunita’ per essere eccessivamente morbido e per non attaccare senza condizioni l’ipotesi di regolamentazione.

La preoccupazione è comunque generale, e come abbiamo visto non riguarda solo chi opera nel settore delle criptovalute. Il tema dei problemi di territorialita’, dell’impatto non solo su aziende e utenti dello Stato di New York, come riporta anche Coinlex, e’ stato sollevato non solo dagli exchange cinesi, ma anche dalla Digital Currency Association britannica, e operatori quali Circle al punto da far affermare a quest’ultima “che se la norma proposta dovesse essere emanata nella sua forma attuale, Circle non avrebbe altra scelta che di impedire ai residenti di New York dall’usare il suo servizio”. A quanto pare anche i banchieri di New York sono preoccupati: anche se plaudono l’intento di Lawsky di proteggere i consumatori, hanno paura che la definizione di virtual currency potrebbe “inavvertitamente” comprendere alcuni prodotti e servizi, inclusi alcuni servizi relativi alle carte di credito e vorrebbero non dover sottostare a questi nuovi regolamenti.
Quella che secondo le parole iniziali di Lawsky nascerebbe dall’intento di proteggere i consumatori, rischia invece di creare una situazione di stallo in uno dei settori che potrebbe essere più promettenti sul fronte dell’innovazione.
Da: http://criptovalute.blogspot.it/
 

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